Inizia il ciclo di narrazioni storiche.

CASININA – Lo sfondamento della Linea Gotica attraverso il cammino di una povera vedova.

Da oltre 30 anni il Museo Storico della Linea Gotica di Casinina – Centro di documentazione sul ‘900, fa rivivere storie e persone che hanno fatto parte del mosaico dei tragici eventi storici legati alla Linea Gotica e alla Seconda Guerra Mondiale.

Ricerche durate oltre 50 anni e basate non solo sulle migliaia di documenti che ora costituiscono l’archivio del museo ma anche sulla conoscenza diretta di alcuni dei protagonisti di allora, hanno permesso di portare alla luce piccole grandi vicende.

“Piccole” perché spesso hanno coinvolto persone comuni, civili spesso poverissimi, “grandi” perché si sono incastonate nel corso della storia indirizzandola con la stessa potenza di eserciti, re e personaggi illustri. Alcune di queste storie sono parte integrante della visita al Museo come la prima con cui il Museo vuole iniziare questo ciclo di narrazioni storiche che farà da preludio all’ormai prossimo 80º anniversario della battaglia della Linea Gotica e della fine dell’occupazione germanica del nostro territorio. All’interno del museo immagini, documenti, foto, reperti e monumenti daranno il vivido complemento alle storie qui trasmesse attraverso una quanto più semplice sintesi divulgativa. Sarà mantenuto il medesimo approccio con cui il museo stesso porta avanti quotidianamente le sue attività: custodire la Memoria per promuovere la Pace.

Cliccando sul seguente link è possibile scaricare: “Storie e Persone 1” 

Buona lettura!

Lo sfondamento della Linea Gotica attraverso il cammino di una povera vedova

Nella canonica di Casinina nel 1943/44 viveva Don Sebastiano Cupioli, suo padre, sua madre, la zia, la sorella e lo zio: 6 persone. Dopo l’8 settembre 1943, verso i primi di ottobre arrivarono le truppe tedesche e occuparono militarmente tutto il territorio della Provincia di Pesaro e Urbino. Si fermarono qui per costruire le difese della Linea Gotica e qui restarono per più di 10 mesi. La Wehrmacht requisì quasi tutto: le abitazioni per alloggiare la truppa e gli ufficiali, per organizzare i depositi, la cucina e tutto quello che era necessario per la logistica. Le famiglie proprietarie delle case vennero spesso cacciate, solo laddove l’abitazione era grande gli abitanti civili vennero lasciati ma furono relegati in una piccola parte della casa, costretti a convivere con le truppe germaniche. L’opposizione veniva punita con la fucilazione. A Casinina nella canonica prese alloggio un ufficiale, un sott’ufficiale e un attendente che si sistemarono in un lungo stanzone al piano terra dove da anni vi erano sistemati i genitori del parroco. Si rese così necessario riorganizzarsi e i genitori anziani si trasferirono al primo piano.
A Casinina come in tanti luoghi di quegli anni l’acqua potabile era fornita da pozzi scavati nel terreno nelle vicinanze delle abitazioni. Non vi erano condotte, niente acqua in casa. L’acqua veniva attinta con un secchio agganciato con una catena ad una carrucola. La canonica aveva due pozzi: uno nello scantinato che altro non era che una vasca scavata sotto il pavimento, con poca acqua non potabile, che veniva utilizzata per i servizi domestici come lavare la biancheria oppure per gli animali (galline, conigli) oppure per la latrina.
Il secondo pozzo era stato scavato alla sinistra del muro della chiesa in un piccolo orticello che faceva parte del terreno della chiesa. Anche qui poca acqua e poco buona. L’estate del 1944 fu un’estate con alte temperature e una siccità che durò mesi; il fiume Foglia era quasi completamente asciutto e l’acqua rappresentava un problema non da poco per gli abitanti e per le truppe tedesche. L’ufficiale stabilitosi nella canonica era venuto a conoscenza che al di là del fiume Foglia, sulla sponda destra, vi era una casa colonica con un pozzo di vena e un’acqua buonissima. Questo ufficiale sia per le sue esigenze personali sia per quelle del suo staff decise di obbligare un’anziana donna di nome Rosa Bastianelli, che abitava a pochi metri di fronte alla canonica, ad andarvi ad attingere l’acqua a piedi tutti giorni e anche più volte al giorno. Quando c’è un’occupazione militare ogni ordine dato dall’occupante va eseguito alla lettera, pena la fucilazione. La Rosa accettò e per questo suo lavoro le venne dato qualche marco e qualche derrata alimentare. Il lavoro andò avanti per dei mesi; nel frattempo qui si venivano costruendo le difese della Gotica: campi minati, fortificazioni in cemento armato, fortini ricoperti di terra, reti di filo spinato e fossi anti carro. Le mine vennero sistemate lungo tutta la sponda sinistra del fiume, lungo la ferrovia e nelle parti basse ai lati delle strade che portavano in Romagna. Qualcuno fra i civili non conoscendo la pericolosità di questi ordigni, nonostante la sorveglianza tedesca e i cartelli con scritto minen, a volte si addentrava nei campi per raccogliere qualche frutto o erbe per gli animali e purtroppo qualcuno era già morto e ridotto in mille pezzi. A quanto pare la Rosa che andava avanti e indietro e vedeva gli specialisti della Todt, curvi che con le pale scavavano, misuravano e disponevano mine nei pressi, cominciò a preoccuparsi per il timore di incappare in qualche mina e morire. Si recò dall’ufficiale e con l’aiuto di un interprete, una ragazza tedesca aggregata, manifestò il desiderio di non voler più fare quel tipo di lavoro. L’ufficiale, piuttosto indispettito, le disse che avrebbe dovuto assolutamente continuare e che il sentiero che lei percorreva non sarebbe stato minato. Un po’ a malincuore la Rosa continuò anche perché Don Cupioli le raccomandò di non contraddire quell’ufficiale che aveva un carattere piuttosto instabile e non avrebbe assolutamente usato nessuno dei suoi soldati per fare questo tipo di lavoro.

Intanto i lavori di preparazione della Gotica continuarono, gli alleati erano ancora lontani. Qui la vita per la popolazione era sempre più difficile: coprifuoco, oscuramento, mancanza di cibo, mitragliamenti e bombardamenti alleati, lotta tra fascisti e antifascisti. La Resistenza si stava organizzando e stava compiendo i primi sabotaggi a danno della Gotica, i tedeschi diventavano sempre più sospettosi e oppressivi. I parroci della zona celebravano al mattino nelle chiese dei paesi le messe a volte con la presenza di altri parroci della zona (Don Sebastiano Cupioli, Don Pasquale Righetti di San Giovanni di Auditore, a volte Don Giulio Canini di Piandicastello). Celebrate le funzioni i preti si fermavano qualche mezzoretta per una tazza di caffè (che non si trovava più ed era generalmente un surrogato o caffè d’orzo tostato). Questa sosta serviva soprattutto per scambiarsi informazioni sulla situazione: i lavori della Gotica, gli alleati, l’esito quanto mai incerto dell’avvenire e la Resistenza, il tutto sottovoce perché al di là della cucina c’erano i tedeschi presenti ad ogni ora del giorno e della notte. Una parola di troppo magari avrebbe potuto significare la morte. Fu così che una parola tira l’altra, Don Cupioli raccontò ai colleghi il fatto della Rosa come evento curioso e singolare. Don Giulio Canini simpatizzante della Resistenza comprese che questa poteva essere un’informazione di grande importanza militare e nei giorni successivi con l’aiuto di un geometra, cercò di produrre una piccola mappa piuttosto dettagliata del sentiero che la Rosa percorreva dalla chiesa al fiume, dell’attraversamento dello stesso e l’ubicazione della casa colonica. Eseguito lo schizzo, la mappa venne cucita nel bavero della camicia di un partigiano di Piandicastello il quale si incaricò di recapitarla agli alleati ancora piuttosto lontani. La cosa finì lì e non se ne riparlò più. Intanto gli alleati si avvicinavano, il 28 agosto 1944 arrivarono ad Urbino: la 4ª Divisione Indiana composta da Sikh e Gurkha. Dal 28 si avvicinarono alla Gotica trasportando di nascosto tonnellate di munizioni sulla sponda destra del fiume. I genieri tedeschi, nel frattempo avevano fatto saltare tutti i ponti sul fiume Foglia e tutti gli incroci stradali facendo esplodere da terra bombe d’aereo italiane stivate nella galleria ferroviaria di Casinina.

A Pesaro e fino a 10 – 12 km più nell’interno arrivarono i Polacchi, a metà vallata i Canadesi, mentre da Rio Salso fino a Carpegna la 4ª Divisione Indiana. Durante tutta la nottata precedente all’attacco, spararono migliaia di colpi di cannone e di mortaio sulla sponda sinistra del Foglia come preparazione dell’assalto del mattino seguente. I tedeschi al riparo nei bunker, nei fortini, nelle buche attesero. Il fragore delle esplosioni era infernale su tutta la linea. A Casinina i tedeschi chiusi nei loro ripari non si accorsero di nessun movimento particolare, nessuna mina esplose, niente che potesse far pensare che qualcuno stesse attraversando indisturbato il fiume. Invece diverse squadre di Gurkha della 4ª Divisione Indiana comandati da ufficiali inglesi e coadiuvati da alcuni partigiani della Brigata Garibaldi, venuti in possesso della piantina con il passaggio della Rosa, non minato, lì si infilarono, silenziosi, arrivando fino alle case del paese di Casinina e formando una solida testa di ponte.
È sicuro che molti tedeschi di guardia acquattati nei rifugi vennero sorpresi e uccisi (decapitati) affinché non dessero l’allarme. All’alba cessarono i cannoneggiamenti su tutta la linea. I tedeschi erano ancora in attesa, sembrava che non fosse accaduto nulla, ma alle prime luci dell’alba la testa di ponte era già attiva e dalle case del paese stava muovendo verso l’alto. Il sole era sorto, tutte le divisioni alleate dell’8ª Armata da Pesaro verso l’interno, il 30 agosto attraversarono il fiume Foglia con centinaia di carri armati e fanterie; sono decine di migliaia di soldati. Qui a Casinina lo sfondamento avvenne prima che altrove. I tedeschi reagirono con tutte le loro armi. La carneficina dall’una e dall’altra parte continuò per giorni; strisciando e arrampicandosi su queste colline i due opposti schieramenti si affrontarono giorno e notte. Le zone di Pesaro, Gradara, Montecalvo in Foglia, verranno liberate il giorno 2 settembre. Qui a Casinina nonostante il vantaggio dell’attraversamento del fiume avvenuto senza perdite, l’urto si concluse il 3 settembre. La prima linea era caduta ma la guerra non era finita, gli scontri sulla Gotica si concluderanno il 21 settembre 1944 con l’ingresso degli alleati a Rimini; migliaia di morti da entrambe le parti.
A cosa servì l’individuazione del passaggio non minato utilizzato dalla Rosa per portare l’acqua ai tedeschi? Certamente a risparmiare vite umane da entrambe le parti. Senza quella testa di ponte in corrispondenza di quel sentiero, questo settore non sarebbe caduto in pochi giorni e certamente gli alleati non sarebbero arrivati così velocemente sul fiume Conca.

La nostra Rosa inconsapevole di tutto non si rese mai conto di cosa fosse servito il suo sentiero. Nessuno a guerra finita ne parlò. I sacerdoti coinvolti non ne parlarono più se non diversi anni dopo quando ormai gli odi provocati dalla guerra si erano sopiti. E la Rosa? Era povera, era sola, era vecchia, morì di stenti a causa della grande miseria dei primi anni del dopoguerra. Grazie alla testimonianza di Don Sebastiano Cupioli e degli altri parroci la Rosa e gli altri protagonisti di questa vicenda vivranno per sempre nella storia, testimoni e protagonisti come tanti sconosciuti, che nel loro piccolo hanno prodotto qualcosa di grande e di importante consapevolmente oppure no.

Prof. Giovanni Tiberi, Cavaliere della Repubblica
Direttore e fondatore del Museo Storico della Linea Gotica di Casinina, nipote di Don Sebastiano Cupioli con il quale ha convissuto per 30 anni raccogliendo le sue preziose testimonianze.


N.B. I contenuti riportati in questo testo sono frutto di ricerche storiche condotte in oltre 50 anni dalla direzione del Museo Storico della Linea Gotica di Casinina e costituiscono parte dell’archivio storico e del percorso didattico museale. Tutti i diritti riservati. È proibito l’uso improprio e/o non autorizzato del presente scritto e dei suoi contenuti.

Casinina lì 6 agosto 2023